Una Passeggiata Curativa

Spesso mi reco a Roma per questioni insignificanti.
Questo mese l'obiettivo era andare a comprare un pò di materiale artistico e fare scorta di tè verde dal mio alimentari cinese preferito.

Decisi di occuparmi delle piccole commissioni dedicandomi ad una delle mie belle passeggiate, approfittando della temporanea cortesia del clima. Con un'inedita pace d'animo, decisi di sbocconcellare qua e là qualche snack intercettato sulla via, invece di regalarmi il solito pranzo al ristorante. Un modo sereno per godermi la cità ed appropriarmene.
Dopo un bel viaggio in treno ed una corsa in metro, scendo a Termini, in uno stato d'animo sereno e disponibile, che ben si adattava allo spargere soldi per strada.

Mentre costeggio l'esterno della stazione, mi cade l'occhio sulla "food court" allestita lungo il terminal; decido di dare un'occhiata, tanto è presto.
Come da standard turistico contemporaneo, l'area era stata dotata di un'arredamento accattivante, ed all'interno era possibile trovare interessanti banconi con snack tipici, dai prezzi però tipicamente turistici-- Come i supplì a 3 euro, per capirci.
Solleticata dagli odori e dall'esposizione, però, cedo, e mi convinco ad iniziare la mia passeggiata nel migliore dei modi, ovvero aggiungendo una prima dose di carboidrati. Indico al ragazzetto inaspettatamente asiatico al bancone un panzerotto con prosciutto cotto e mozzarella, accettando di farmelo scaldare.
Cammino per le strade dell'Esquilino come fossi un lord inglese a spasso nel suo giardino mentre addento il mio treat. Questo è l'effetto che un panzerotto caldo, ben farcito, con una grossa fetta di prosciutto cotto intera arrotolata al suo interno, ha su di me.

Raggiungo la mia prima tappa, l'alimentari asiatico, rimurgino per lunghe decine di minuti davanti agli scaffali come se avessi idea di cosa stia realmente comprando, alla fine punto su un pacchetto di Pu'erh ed una confezione di bacche di goji nero.
Dopo aver scelto con ulteriore cautela degli snackini salati, vado verso il frigo ed amministro un altro mio piccolo rituale, bere la solita lattina di succo di litchi.
Venni a sapere del litchi grazie, ovviamente, al manga Litchi Hikari Club.
Considerato un elisir di giovinezza, sembra che un Imperatore cinese lo offrisse consuetamente alle sue concubine per mantenerle giovani e piacenti.

Essendo anche io una donnetta che si fa ammaliare da semplici ricette di gioventù, quando passo da queste parti, mi regalo sempre il mio succhino di litchi, li-li-litchi.

A questo punto l'intenzione sarebbe stata andare a bermi un buon milk tea in zona, ma avendo già bevuto e patendo già l'impietosa impellenza di far pipì, decisi di continuare la mia passeggiata, ed eventualmente trovare un luogo dove prestare soccorso alla mia vescica gratuitamente. A mali estremi, mi sarei anche servita di un ristorante in cui poi pranzare, ma per il momento non volevo prendere posizioni troppo impegnative. Volevo ancora dedicarmi agli snack.

Dopo un lungo vagare, in cui mi avvicinavo sempre di più alla tappa finale, decisi quindi di tentare il tutto e per tutto, e dopo aver scoperto con orrore che anche i bagni del Mc Donald's erano ormai diventati a pagamento e riservati ai clienti, decisi di buttarmi sui centri commerciali. Nel primo, niente bagno. Nel secondo, niente bagno. Nel terzo, che mi stupì notare in un'area dove non sapevo ci fossero centri commerciali, noto un bel bagno ad ingresso gratuito, di alta qualità e notevoli dimensioni.
Libero il mio ricettacolo dei 25 litri di pipì accumulati, e già che c'ero sbirciai cosa avesse da offrire questa ennesima food court sulla planimetria davanti all'ascensore.

Non era tra i miei piani andare in un ristorante e spendere una fortuna, ma mannaggia, mi si promette un menu esclusivo ed una vista panoramica sulla città, visto che il clima lo permette, perchè no?
Salgo incuriosita i vari piani, curiosando tra scaffali e vetrine, e quando arrivo all'ultimo piano la brutta notizia: c'è la fila per il ristorante. Oh, no, la fila per mangiare proprio no.

Fortunatamente, sembrano esserci altre alternative nell'area, e mi faccio attirare abbastanza bambinescamente dalla pizzeria.

Annuisco, mi sembra un'ottima scelta. Una pizza è una pizza, mangio bene ma si può ancora considerare "uno snack".
Mi avvicino, giudico la tizia straniera che ha ordinato una Margherita e dei supplì solo per farne foto da postare su Instagram, vengo fatta sedere con poche cerimonie, studio il menu. Pizza Margherita, 9 euro. Ma ci sta, sto pagando la location.
Ordino ed aspetto, guardandomi intorno.

Non sono un'appassionata delle pizzerie. C'è poca privacy e molto rumore, ma l'ambiente posh spinge gli astanti a darsi un tono. Vedo dei bambini e rabbrividisco. Fortunatamente anche loro sembrano assoggettati dalla location e non cagano il cazzo.
Sospiro di sollievo, mentre valuto i piatti dei presenti, raramente puliti come meriterebbero. Non capirò mai la stupidità di far avanzare il cibo.
Chissà se lo rimpiangeranno durante il prossimo conflitto nucleare, quando saremo costretti a mangiare-- Boh, probabilmente niente.

Arriva la pizza, la ingurgito come se non ci fosse un domani, completamente ammaliata dalla fragranza della pasta, dalla perfetta semplicità degli ingredienti.
Buona, buona, buona. Muoio e rinasco ad ogni morso, degluttisco e sorrido ringraziando la buona sorte.

Anche stavolta sono riuscita a sottopormi al miglior trattamento ricostituente di sempre. Una pancia piena sotto i raggi del sole.

Mi alzo dal tavolo con fatica, pago con ancora più fatica, e mi dirigo verso l'ultima tappa della giornata, fiera di me, completamente ricostituita in ogni cellula.

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