Sbilanciamenti Emiratini

Questo mese mi è stato concesso un mese di ferie; ho quindi deciso che Febbraio avrebbe segnato il mio ritorno alla follia, alla faccia dell'incubo Covid, tornerò a viaggiare e mangiare impunitamente.

Organizzo il mio viaggio, faccio in modo di inserire nei pasti qualche sprazzo di cucina locale. Il piano però è di andare a briglie sciolte, sfacciata, scegliendo cibi senza pregiudizi ed a testa alta, così come và affrontata ogni sfida.

Innanzitutto però, è cosa buona e giusta iniziare la giornata con un'abbondante colazione, soprattutto se è inclusa nel soggiorno.
Mi concedo i classici cereali al cioccolati affogati nello yogurt bianco, succhi di frutta dai sapori locali, --ananas, melone, e poi giù, giùùùù di dolci e salati, briochine al cioccolato, crostatine di frutta, involtini primavera, samosa annafiate di salsa piccante, roba di cui neanche leggo il nome-- Non mi tiro indiero davanti a nulla e fervo felice.
Considero immancabile una piccola macedonia di frutta fresca in chiusura.

Mi guardo intorno e constato che il ristorante dell'albergo è veramente carino, decido che lo sceglierò come alcova per la maggior parte dei miei pasti, ipotesi confermata una volta ispezionato il menu online.

Come primo esperimento e celebrazione, mi concedo un pasto completamente arabo.

Inizio col farmi portare un gahwa, una tazza di caffè arabo servita al momento, considerata una bevanda di benvenuto; me la immagino annaquata, invece è solida, densa, robusta-- Proprio come il nostro caffè. Buona. Decido di berne un pò e mantenermelo fino a fine pasto come bibita.

Subito dopo mi viene portato l'antipasto, una zuppa di lenticchie, la shorba, servita con crocchini di pane fritto e limone "da aggiungere a piacimento", mi spiega l'affabile cameriera.
Ovviamente aggiungo tutto.
L'assaporo vorace. Mi ustiono la lingua. --E allora soffio, prima.
Gusto, adorando come l'asprezza del limone giochi con la pienezza dei legumi. I crocchini, nella constrastante consistenza che cede al calore, aggiungono ancora più goduria al tutto.
Sono felice.

Come piatto principale, mi concedo un lussuoso biryani di montone, servitomi con la mia salsa preferita, quella di yogurt, chiamata raita, ed una porzione di papadum, una focaccia indiana.
Il biryani investigo essere una pietanza tipica della cucina persiana, ed è uno di quei piatti tramandati dalla tradizione musulmana che suona tanto famigliare quanto esotico al nostro gusto mediterraneo; siamo entrambi gente di mare, ma che respira l'aria di mari differenti.
Riso e carne non dovrebbero costituire tutto questo shock culturale, ma la sorpresa è lì, nell'uso di tante di quelle spezie che sono sì famigliari, ma non ci si aspetta di trovare come cibo-- Chiodi di garofano? Ma non si usavano per profumare l'ambiente--? Come si fa a mangiarli...?

Questo piatto mi ricordò un episodio di uno di quei programmi dove quel cafone di Ramsey Gordon se ne andava in giro per l'Italia a pontificare sulla nostra cucina ed abitudini, fingendo di capirle; se ne stava ai Castelli, e se ne uscì col voler cucinare un piatto che andava in voga nella corte papale: la peculiarità di questo piatto è che fosse pieno di spezie. Si trattava di ingredienti rari e preziosi, ma immangiabili se mescolati, e qui il nostro puntualizzava sulla vanità del ricco che non ha gusto nè misura.
Oh. Fermo restando l'arroganza di chi pretende di poter cucinare un piatto senza averlo mai assaggiato prima, mi chiedo se questo tortino rinascimentale non si ispirasse a questo genere di cucina araba, dimostrando molta più lungimiranza del babbalocco straniero, me inclusa.

Aggredita dalla storia persiana nel suo più intimo, capitolo, facendo avanzare un'abbondante metà del vassoio offertomi.
"Non si preoccupi, non riesce a finirlo quasi mai nessuno", mi consola la cameriera. Mi sento ancora più umiliata.

Faccio per bere l'ultimo goccio di caffè rimasto: noto con orrore che si è solidificato in una poltiglia amara; rifletto sulle conseguenze della mia ignoranza, facendo tesoro della lezione.

Un altro giorno, invece, mi trovai in un centro commerciale in mezzo al deserto.
Non entrerò troppo nei dettagli, ma si era fatta una certa e decisi di mangiare qualcosa sul posto nella classica "food court" del luogo, ormai immancabile in ogni mall degno di questo nome.

Quando mi trovo in viaggio, mi piace intrallazzarmi con le rivisitazioni locali dei classici occidentali più beceri. In questa occasione, ho voluto sperimentare il menu limited edition del Mc Donald's!
Dando un'occhiata al menu sullo schermo, sono subito andata sulle specialità locali esclusive del posto, e ho scelto l'originale, anche se non eccessivamente tipico, Mushroom Beef della serie "Signature Collection", essendo una gran fan dei funghi:
Tra gli ingredienti, hamburger di Angus, funghi trifolati, cipolle caramellate, mayonese al pepe nero.
Degno di nota il panino, condito con un pot-pourri di cereali, gonfio ed accogliente come una conchiglia.

Una volta a casa, investigando, venni a sapere che la "Signature Collection" in realtà non è firmata da nessuno, come nel nostro caso, con le collaborazioni di "My Selection" a cui da circa cinque anni Joe Bastianich presta la faccia; il punto di forza della linea sono gli ingredienti ricercati e di qualità, che di solito non ti aspetteresti di trovare in un fast food.
Per me si tratta sempre di contaminazioni interessanti, e quando ne ho la possibilità gli offro sempre le mie papille gustative-- Si tratta di un'esperienza che trovo sempre piacevole, e buona pace per i nutrizionisti.

A conclusione di questo pasto lussuriosamente irresponsabile ho aggiunto un dolce, qualcosa che non si trovasse sul nostro menu italiano, anche se a dire la verità non sono particolarmente aggiornata sull'argomento.
--Sbirciando nel menu delle "pastries" servite a colazione, quindi, ho scelto qualcosa con del cioccolato, vero antidepressivo dell'anima, una Chocolate Ball Donut.
Sorpresa, realizzo che è molto simile ad una nostra "bomba" con la cioccolata.

Per una delle mie ultime serate a Dubai, sono quindi tornata al ristorante dell'albergo per continuare la mia sperimentazione su doppio fronte.
Certamente, nell'investigazione delle contaminazioni non potevo esimermi dall'assaggiare una pizza del posto-- Scelgo quindi la più oltraggiosa del menu, la Chicken Tikka Pizza:
Si trattava di una pizza condita con pezzi di pollo speziati in salsa di yogurt e verdure al forno. Su una base croccantella e biscottata, che poco e niente aveva a che fare con la buona pizza, si srotolava la salsa di pomodoro ed un materasso di mozzarella. Pollo e condimenti erano quindi sparpagliati sulla superficie, in maniera abbastanza visivamente bilanciata. Una spruzzata di origano in superficie faceva chiedere perchè.

Ho trovato interessante la contaminazione con la cucina indiana, notata nella maggior parte delle portate.
Fa pensare veramente agli Emirati Arabi come l'anello di congiunzione tra Africa ed Asia, e questa certa vocazione asiatica, più che europea, allo stesso tempo palpabile nell'atmosfera.
Non vi dico che mi facesse sentire completamente a mio agio, ma come luogo per svernare, in fuga dall'inverno italiano, si è rivelata una scelta eccellente.

La cosa che ha meritato però la mia attenzione e mi sono veramente congratulata di aver scelto durante questo strano pasto, è il succo di menta e limone. Allora ragazzi, se andate da queste parti, assaggiatelo.
Mentre lo ordinavo tutta la mia curiosità era concentrata su come si potesse ottenere un "succo" dalla menta, e la risposta fu presto data: si trattava infatti di una limonata frullata con un'abbondante porzione di foglie di menta. Una goduria, una freschezza assoluta.

Avevo sentito parlar bene dei succhi di frutta di questa regione, ma questo è stato davvero il colpo di grazia. Tra l'altro si è rivelato un abbinamento perfetto con il grasso speziato della pizza, un rinfrescante digestivo totale.

Ovviamente ho pulito il piatto, stavolta, e quando la cameriera mi ha chiesto "Com'era?", la mia soddisfatta risposta è stata "Interessante."
E' un aggettivo che ha sintetizzato tutta questa breve settimana in bilico su un mare straniero.

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